IL POPOLO, 15 marzo 1901
PER LA SAGRA AL MONTE ALBANO
Siamo al bel tempo del campanò che annuncia il principio della primavera e annuncia la simpatica e tanto attesa festa di San Giuseppe.
Se nei nostri paesi v'ha una sagra nella quale si possa sperare di divertirsi, questa è certamente la nostra, perché la romantica posizione (Madonna di Monte Albano), ove tutti si raccolgono a gruppi di 20 o 30 a fare la tradizionale merenda, è certo un'attraenza irresistibile. Speriamo che la stagione sia benigna e che anche quest'anno la festa abbia un esito così lieto come negli anni scorsi.
ALTO ADIGE, 21-22 marzo 1905
AL MONTE ALBANO PRESSO MORI
Come il solito, si celebrò oggi a Mori la festa della madonna colla caratteristica gita sul monte Albano. Alletati dalla splendida giornata primaverile, molti furono i gitanti sia di Rovereto, che di Mori; e stando in paese si vedevano vere processioni di gente salire curve lentamente per la ripida e sassosa stradetta, che conduce al santuario. Lungo essa v'erano sette od otto suonatori di organino, che facevano una musica punto gradita e seccavano i passanti chiedendo l'elemosina. L'umanità e la discrezione richiederebbero fosse levato tale sconcio, pensando altramente alla cura di quei miseri. Ma lasciamo ciò. Raggiunto, grondante di sudore, il santuario, la scena morta fine allora e tediosa, si mutava all'improvviso. Nel breve piano ondulato fra la chiesetta e la china s'erano piantate delle tavole di legno, dove veniva servita l'eccellente birra Maffei, da camerieri ornati il capo di colorati cappelli. I "reclame" di questa cervogia erano affissi numerosi sulle pietre del luogo. Più in su per la china, sparsa di massi enormi, frammezzati da prode erbose, fino sotto le rupi grigie ed incombenti, minacciando, era un brulichio, fremente della vita, che il tiepido sole spargeva. E sputavano [sic] fra i massi leggiadri cappellini piumati e dietro ad essi snelle personcine, che, saltellando da un sasso all'altro, sparivano ben presto dietro qualche enorme macigno per ricomparire poi più in alto; a sommo di qualche pietrone bigio; sdraiate sulle prode verdi, rincantucciate sotto i massi, merendavano intanto le comitive, lanciando nell'aria grida di gioia, gaie risate, che salivano in una sola nota cogli strepiti dei venditori, coi lieti suoni delle due bande, ripercossi dall'eco vicina. Qui un'altra riflessione. Mori, semplice borgata, ha due bande bene organizzate; Rovereto città abbastanza popolosa, non ne possiede che tre quarti, a dir molto. Come va la cosa?'
Altro, ma pur bello, era lo spettacolo per il pendio a prati, a cavaliere, direi, della chiesetta. Chi si rincorreva, gridando o camminava a capo chino, cercando le violette, timide, presso i cespugli, saliva fino alla mura, che coverta d'edera fendeva il cielo limpido, chi vagava qua e la senza scopo, e vi era una folla di uomini, di donne, di giovanetti, di signorine, tutti lieti nei sembianti, tutti ebbri di primavera e di sole. Tratto, tratto, due persone solitarie sorgevano dietro un boschetto, e discendevano lente verso la chiesetta: erano due amanti? Tratto tratto, qualche vecchierella, salente adagio adagio la china, si fermava rivolgendo lo sguardo a quella moltitudine gioiosa nel piano, fra i massi, intorno a lei: pensava i suoi giorni lontani?
E sopra tanto fremere, e sopra tanto ardore di godere, passarono tratto tratto le ombre di qualche rara bianca nube. Dove essa toglieva la sua luce sembrava scemare il lieto rumore, inoltrarsi il tedio; ma, sparita, e ritornato fulgente il sole, tutto risorgeva, più vivo di prima, quasi a vendicarsi e rifarsi della breve ansia.
Così passò troppo celere la bella giornata. Discesero lentamente tutti dal monte, calò su esso il silenzio e l'ombra, ed i massi, le piante, le erbe, la chiesetta, rosei nei riflessi delle nubi dorate, parevano pensare: Gaio ritornerà su noi il sole, ci darà l'aria i suoi balsami, ma prima che ancora ci ravvivi tanta giocondità, il sole brillerà su un bianco lenzuolo di neve, il vento ci percuoterà col suo fischio rigido.
R. Scaffertorotti
IL POPOLO, 20 marzo 1906
SAGRA
Quella che si festeggia a Mori il giorno di S. Giuseppe è certo una delle poche sagre che conservino ancora attraverso i secoli l'impronta caratteristica delle vecchie "sagre del villaggio" .
Sul colle denominato Monte Albano, giace un vetusta chiesetta.
È quanto rimane ancora dell'antico castello che ivi esisteva, se togli i miseri anzi di qualche muraglia cadente, che ci parla però chiaramente della sua scomparsa grandezza.
Fra l'aprica roccia e questo colle giacciono in gradevole confusione immensi macigni addossati talvolta capricciosamente gli uni agli altri in guisa da costruire degli antri naturali, che messi in comunicazione fra loro formerebbero un vero e inestricabile labirinto.
È appunto fra questi grandiosi macigni che si raccoglie nel giorno di St. Giuseppe famiglia per famiglia, la popolazione di Mori per celebrare la tradizionale merenda.
I gruppi che si vanno formando e sciogliendo ad ogni istante fra i sentieri tortuosi, all'ingresso delle caverne, e perfino alla sommità degli scabrosi massi offrono i quadri più pittoreschi, dileguantisi ad ogni batter di ciglia per ricomparire altrove più svariati e vivaci. E che allegria, che chiasso! interrotto di tratto in tratto soltanto, colle voci dell'intiera scala cromatica con cui i numerosi venditori stabili ed ambulanti, offrono la loro merce d'occasione.
Questo era su per giù il quadro che si avrebbe potuto oggi ammirare a Monte Albano, se quel disgraziato Dio pluvio non lo avesse ridotto a proporzioni molto meschine in confronto degli anni scorsi.
L'ECO DEL BALDO, 23 marzo 1907
DA MONTALBANO DI MORI - IMPRESSIONI ... DI S. GIUSEPPE
Con uno splendido sole e in allegra compagnia ci avviamo al rinomato eremitaggio di Montalbano ove la tradizionale sagra di St. Giuseppe si svolgeva in tutto il suo splendore. La salita fu breve sì, ma ardua, ci fu però ricompensa la vista incantevole che di lassù si gode sulla sottostante vallata col suo borgo in festa, coi suoi vigneti, colle sue ville sparse, col suo tram che se ne fuggiva fischiando allegramente a traverso la campagna, come se avesse avuto paura di non saper resistere alla tentazione di fermarsi anch'esso alla sagra.
Via lontano l'Adige verde portava il nostro saluto ai fratelli redenti. La Chiesuola di Montalbano che, vista dal basso, appare fabbricata sul ciglio dell'erta rupe, era tutta parata a festa e fra le grigie balze che s'ergono dietro ad essa si scorgono gruppi di forosette, di contadini, di signorine e giovinotti allegri e chiassosi come scolari in vacanza. Rivani pochissimi: Notammo un elegante Romano che profondeva parole dolci e graziosi sorrisi a un crocchio di gentil signorine. Solo in atteggiamento di critico osservatore, un don ... Giovanni della marziale figura di cavaliere-chauffeur, girava lo sguardo in cerca probabilmente del compagno Beppi col quale era giunto a Mori — su un destriero donchisciottesco. Fra un cesto di uova e d'aranci spiccava la poetica figura di storico fra breve Di-nozze il quale in animata conversazione con una spiritosa signorina, discuteva sui ... casi della vita colla probabile filosofia del ... condannato. Lassù fra i greppi si vedevano lucire gli ottoni di una bandina oratoriana che di tanto in tanto faceva eccheggiare di allegre marcie quelle balze scoscese. Per chi aveva sete c'era una Gambrinus ambulante e i mucchi d'aranci venivano prese d'assalto. Qui un banco improvvisato coperto d'ogni ben di Dio, e un'allegra brigata seduta sull'erba davanti all'immancabile obbiettivo, più in là fra due roccie una compagnia chiassosa fa sparire fra matte risate una copiosa merenda inaffiandola con parecchie bottiglie, e lassù sull'antico rudere dello scomparso maniero troneggiava solitario un mattacchione monumento vivente su un piedestallo che il tempo non arrivò ancora a sfasciare, mentre vicino alla chiesetta un cesto di fiori spandeva un profumo gentile, e triste contrasto a tanta festa di sole e di allegria i molti disgraziati che pietosi stendon la mano ai passanti.
Discesi dall'egra balza cercammo ristoro alle asciute fauci nella affollatissima birraria Boschetti, ove gl'improvvisati coppieri dispensavano un'eccellente birra nazionale. Fu una simpaticissima festa che i rivani dovrebbero andar a godere. Rovereto era largamente rappresentato dai paeselli vicini nessun mancava apportandovi buon umore e allegria sapendo che... il muso lungo un palmo senza il minchion che soffre d'itterizia; con quel che segue.
Rododendro
L'ECO DEL BALDO, 21 marzo 1908
LA SAGRA DI MONTE ALBANO
Si dice che Espero si sia dato ai partiti popolari; il fatto è che da qualche tempo non vuol fare più giudizio: coglie qualsiasi occasione per scioperare.
Anche oggi, ad esempio, (forse per ragioni di principio, forse per non venir meno alla legge del riposo festivo), non ha voluto render omaggio a San Giuseppe che in minima parte. S'è astenuto dal lavoro fino alle 15 facendo naufragare, se non completamente, almeno quasi, la tradizionale e simpatica sagra di Monte Albano, che ogni anno attirava gran folla dal paese e dai d'intorni.
Mah! Non c'è che dire; questa volta, riuscirono un po' vani e la réclame dei giornali e i preparativi dei zelanti venditori, giaché il pubblico, inchinandosi alla volontà superiore, fu scarso e svogliato.
“Tempora, o mores! — sentimmo esclamare da un vegliardo bianco per antico pelo; — una volta sì che riusciva bella questa sagra! Che splendide giornate ai miei tempi! Quanta gente! Quante frittole! Oggi, brutto tempo, poche comitive poche ... frittole!”
Sebbene noi non abbiamo la rara fortuna di poter stabilire un confronto tra le sagre di una volta e quelle d'oggi, pure crediamo avesse ragione il vecchietto: da qualche anno, in ogni modo, la caratteristica festa delle roccie è rovinata dalla pioggia, che spegne malamente e inumanamente i giovanili ardori delle allegre compagnie che erano solite sperdersi tra i sassi a pascolare ...
Laute merendine, con protagoniste le sunnominate non mai abbastanza lodate frittole; che crudelmente soffoca i vaghi istintivi slanci letterari di certi taci articolisti che si deliziavano di far poi correre l'acquolina in bocca ai lettori che, sgraziatamente, alla festa non avevan preso parte, con piccanti e graziosissime relazioncine.
Ed ora, a titolo di cronaca: alcune corriere, alcune carrozze, portarono dai dintorni. un discretuccio numero di gitanti che ascesero l'erta del santuario per ridiscenderla poco dopo; molti moriani, per non lasciar spegnere la fiaccola della tradizione, a loro commessa dagli avi, compirono un po' frettolosamente l'annuo pellegrinaggio.
Una sola musica; la fanfara del parroco (pardon!) del Ricrea torio parrocchiale. E con ciò arrivederci all'anno venturo!
Chissa che Espero non metta giudizio!? ...
IL POPOLO, 30 marzo 1908
LA SAGRA DI S. GIUSEPPE
Come lo si prevedeva, questa sagra che era assurta negli ultimi anni a costituire una giornata veramente importante per gli esercenti e formava oggetto di predilezione per i bambini, di svago pei misantropi e gli affaristi, sognata e desiderata nel lungo inverno dalle copie amorose, non fu oggi coronata da successo.
Una mattina grigia, piovviginosa, con un cielo plumbeo da eccitare la mestizia anziché l'allegria, rovinò completamente la festa, che prometteva quest' anno di riuscire solenne ed allegra per l'intervento della banda.
Intervennero pochissimi gitanti dal di fuori e Monte Albano in confronto degli anni scorsi offriva un aspetto tetro e disanimato. Il tempo costantemente minaccioso nel dopopranzo non allettava di recarvisi malgrado che la fanfara del ricreatorio avesse tentato di incoraggiare a salirvi con una marcia lungo la borgata. Venne deciso da volonterosi di adoperarsi in ogni modo, perché riesca se non altro la festa di domenica, che viene del pari festeggiata in Monte Albano e si spera che col concorso di un raggio benefico di sole la Madonna possa questa volta surrogare il vecchio S. Giuseppe.
IL MESSAGGERO, 21 gennaio 1909
MONTE ALBANO
E chi di Mori non conosce gli sforzi del Municipio per conservare ed aumentare un po' di verde fra la nuda ed arsiccia rovina di Monte Albano? Lo scorso anno si tentò una piantata di "Pinus austriaca" che per vero qui e colà attecchì, ma non pochi pini andarono a male e gli altri sono sacrati a scomparire per la solenne incuria in cui viene lasciata quella regione solitaria, e più per l'invasione barbarica di qualche povero diavolo che, spinto dalla necessità cerca ivi una manata di lettiera per la vacca o un fascio di legno per riscaldarsi, sradicando vecchi e giovani alberelli, senza un riguardo al mondo per le tenere pianticelle di pino, con uno spirito di distruzione sorprendente. Non sarebbe il caso di far qualche cosa per salvare il salvabile?
ALTO ADIGE, 22-23 marzo 1909
LA SAGRA DI MORI
Il tempo grigio e nuvoloso alla mattina e piovviginoso nel dopopranzo guastò la bellissima fiera di Mori a Monte Albano. È vero che molti, poco curandosi del tempo, si portarono egualmente nella vicina borgata, ma il concorso fu scarso, troppo scarso, in confronto al pubblico numeroso che sarebbe stato attratto laggiù da una bella giornata di primavera. Chi ci rimise, furono gli esercenti di Mori, per i quali la fiera di S. Giuseppe era giornata di affaroni.
ALTO ADIGE, 22-23 marzo 1911
LA SAGRA DI S. GIUSEPPE
Fu anche quest' anno onorata dal consueto concorso di forestieri. Le varie strade che adducono al colle nelle ore del dopo pranzo erano gremite di gente venuta da Rovereto e dai vari paesi di Val d'Adige. E questo un vecchio ritrovo ma sempre attraente e geniale, e per ciò sempre nuovo. Alla pia tradizione di far omaggio al santo, si aggiunge più che mai il vivo desiderio, il potente bisogno di muoversi, di godersi alcune ore di tepore primaverile, dopo il lungo inverno che ci costringe a restar tappati in casa. In fatti la festa di San Giuseppe segna l'inizio della primavera, e si vuol dare un saluto, a questa stagione d'anno, piena di attraenze, ricolma di speranza. La sagra ne offre propizia occasione. Questo è forse il motivo, per cui la festa campestre del 19 marzo, attira tanta gente al colle di Monte Albano. Ma anche la località destinata alla sagra è ricca di attrattive, e per ciò riesce a tutti piacevole meta dell'annuo pellegrinaggio che lassù si compie. Questo colle stà a breve cammino sopra la borgata di Mori, ed ha una configurazione tipica. -Disteso alla radice di una parete a picco alta alcune centinaia di metri, ed affatto spoglia di vegetazione, si allarga con pendio non forte verso mezzodì, ove in parte è chiuso da una muraglia ciclopica quasi unico resto del castello, che fu distrutto in sul principio del secolo decimoquarto — e dalla chiesa che stà lì dal 1610, dedicata a S. Giuseppe ed alla Vergine. L'altipiano ha il suolo in massima parte coperto da grossi blocchi e macigni, fra i quali s'aprono delle verdi aiuole quasi in forma di nicchie e queste, durante le ore della sagra si prestano egregiamente ai gitanti come tappa per uno spuntino, che per vecchia tradizione si denomina "El marendom". E ricchi e poveri, e terrieri e forestieri salgono il colle con cesti e sporte, contenenti salumerie, uova sode — preludio delle uova di Pasqua — fritelline ed altri dolciumi. Non mancano le bottiglie dei rinomati vini di Mori: ed a tarda sera, nella via del ritorno si scorge molta gente allegra più del solito. Per chi non ha con sè la merenda ci sono nei pressi del santuario restaurants improvvisati per l'occasione. Quelli che vendono aranci, castagne, ficchi appassiti ed similia fanno sempre buoni affari. La Banda della borgata porta il gaio contributo al buon esito della festa.
Ecco detto brevemente, perché la sagra di San Giuseppe a Mori ben lungi dall'accennare a decadenza, come tante altre coserelle si mantiene frequentata ed ha anche dei veri abbonati nei luoghi vicini.
E generale il desiderio che questo ritrovo, tanto caro ai nostri maggiori, i quali erano di gusti molto più modesti di noi, abbia a conservarsi anche nei tempi presenti, in mezzo alla vita irrequieta e movimentata a cui tutti, più o meno, dobbiamo prender parte.
G.D.B.
IL POPOLO, 26 marzo 1912
LA SAGRA DI MONT'ALBANO
La giornata di domenica, liberatasi dalle nubi che durante la mattina si rincorrevano nel cielo passando e ripassando davanti al sole, nel pomeriggio si fece chiarissima, primaverile.
Ed il sassoso ripido pendio di Monte Albano venne animato da un via vai straordinario. Rovereto sembrava essersi vuotata per partecipare alla classica sagra, così dicasi naturalmente di Mori e dei paesi circonvicini. La conca sassosa, cosparsa di massi grandissimi formicolava di persone che troneggiavano sui massi o si nascondevano alla loro ombra. Una novità: la chiesetta sospesa a picco sulla roccia palesa i lavori che si stanno facendo per un grande orologio che dirà l’ora a tutta la vallata giorno e notte; anche di notte perché verrà illuminato da grandi lampadine elettriche.
La festa di domenica è davvero riuscitissima sia per il tempo come per il concorso grandissimo. Vi suonarono le due Bande di Mori.
ALTO ADIGE, 20-21 marzo 1913
LA FESTA DI S. GIUSEPPE
Questa festa è una tra quelle abolite; almeno dovebbe esserlo.
Invece, oggi i più si domandavano se si doveva lavorare far festa o no? Chi era del parere chi di parere contrario; altri nel dubbio. Fatto sta che negli uffici pubblici si fece vacanza; diversi negozi si chiusero nel pomeriggio altri rimasero aperti, in molte industrie si lavorò in altre parzialmente, in qualcheduna fuvvi astensione. In somma tutti fecero quello che più garzò a ciascuno. Così almeno saranno stati tutti contenti.
IL POPOLO, 24 marzo 1914
SAGRA DI S. GIUSEPPE
Favorita da una discreta giornata primaverile si è tenuta ieri dì sul colle di Monte Albano la consueta sagra di S. Giuseppe con un concorso di gente di molto superiore a quanto era lecito sperare data l'incostanza del tempo che da una quindicina di giorni ce ne sa far di tutti i colori.
Quest'anno la sagra di S. Giuseppe destò nei suoi preludi una movimentata agitazione fra i moriani, causa la poco felice riuscita della soppressione della festa in linea ecclesiastica avvenuta or son due anni.
In quell'occasione per unanime accordo dei circoli interessati veniva stabilito che la sagra si festeggiasse in seguito la domenica prossima successiva al 19 marzo.
Ma visto che la sopressione della festa non aveva incontrato l'adesione governativa e che specialmente Rovereto e Sacco praticamente la mantenevano inalterata un comitato si rivolvette di chiedere alla Rappresentanza comunale che la festa venisse ripristinata alla scadenza 19 marzo. La Rappresentanza si pronunciò tuttavia contraria a tale mozione e insistette che le cose restassero come erano state decise per volere stesso dei circoli maggiormente interessati.
Il municipio pubblica gli avvisi che la sagra di S. Giuseppe si farà il 23 corr. ed il comitato inonda invece i paesi e città circonvicine di telegrammi che la sagra sarà fatta ai 19 corr. Una vera Babilonia, nella quale nessuno poteva raccapezzarsi. All'ultimo momento però per energica intromissione dell'autorità locale la cosa poté essere appianata e colla revoca dei telegrammi, la sagra si fece come volle la rappresentanza e questa volta almeno con grande soddisfazione anche di coloro che la volevano ai 19 in cui cadette una pioggia dirotta e torrenziale.
...LO SAPEVI CHE?
Monte Albano è stata una zona abitata e frequentata dal periodo del bronzo. Sono state trovate tracce della civiltà del bronzo (1900-1500 a.C.). L'abitato apparteneva alla cultura dei castellieri trentini; l'intera zona era costituita da altre alture, che davano vita ad altri castellieri: quella del Santuario, del Castello e del Doss Mota. A causa dell'aumento della popolazione, l'abitato venne ampliato ai piedi del Monte Albano. Lungo la Valle dell'Adige sorgono i "Pipel", rocce di forma conica, alle quali venivano attribuiti un'anima possente e divina. Accanto a queste pietre sacre sorgevano i villaggi come a Corno presso il Pipel di Tierno e l'abitato di Monte Albano, presso il Pipel di Mori Vecchio.