Di esso,costruito a 505m. s.m. vicino a Besagno, restano pochissimi ruderi sulla parete rocciosa del monte Giovo e incerte tracce nella grotta “Pontesel de le Strie”. A proposito di quest’ultima Bartolomeo Stoffella scrive:
Tratto dal libro di Luigi Dalrì 2 A chi dall’accorto e laborioso Mori, alla destra dell’Adige, si conduce verso le elevate praterie dell’antico Brentonico, s’offre, passato il villaggio di Besagno, una spelonca scavata dalla natura nel fianco d’una rupe, per la quale ogni animo, anche il più indolente, si mette in curiosità. La rupe è altissima … nel mezzo si ammira la bocca della caverna. La parte superiore della rupe è quasi al tutto perpendicolare; anche nella sua grande altezza, sembra negare assolutamente l’acceso a quella grotta. Eppure l’occhio del passeggero vede alla bocca della spelonca un muro di parapetto fatto dall’arte umana; vede sporgere dal muro due grossi travi; vede sopra l’arco d’ingresso due grossi gangheri e domanda come siano pervenuti gli uomini quassù, a che fine siano condotti e perche abbiano aggiunto quei lavori dell’arte all’opera della natura”.
La località viene ancora chiamata dagli abitanti del luogo “Pontesel de le strie” perche la tradizione leggendaria vuole che di là con lunghe scale uscissero le streghe di notte alle prime luci del mattino. Secondo un’altra tradizione nella spelonca doveva trovarsi un’iscrizione, ma lo Stofella dopo essere salito lassù assieme ad alcuni amici, con l’aiuto di lunghe scale e corde, scrisse: “Giunti nel buco trovammo in parte delusa la nostra aspettativa perché oltre quello che anche stando dal basso si scorge … null’altro vedemmo che meritasse attenzione: Cercammo della descrizione nel luogo che ci era stato indicato”. Prosegue quindi affermando che un piccolo spazio della parete fu squadrato e sembrava di potervi scorgere qualche traccia di lettera: Quindi aggiunge:”Il muro di parapetto d’ingresso della grotta, come anche le travi in quello fermate, non mostrano tale antichità da doverli credere anteriori al secolo XIII o XIV”.
Lo storico conclude esprimendo l’opinione che quei lavori siano senz’altro posteriori alla fine del XIII secolo ed anteriori al principio del XV, stimandoli opera dei Castelbarco. La grotta potrebbe essere stata un posto di vedetta avanzata del Castello di Dosso Maggiore di Brentonico. Altri reputano che tutto sia appartenuto al Castello di Besagno. Quest’ultimo fu distrutto nel 1234 per ordine del Principe Vescovo Aldrighetto di Campo. Dai documenti non risulta, ma sembra probabile, che prima della sua distruzione il castello appartenesse ai Castelbarco. Il castello o forte di Besagno era anche detto “Corona di Besagno”; nome. Quello di “Corona”, che significa “castello entro una rupe”.
Tratto dal libro di Luigi Dalrì , Mori “ note storiche dalle origini alla fine della 1 guerra mondiale” finito di stampare nel 1987 da “La Grafica” per conto della cassa Rurale di Mori.
...LO SAPEVI CHE?
Monte Albano è stata una zona abitata e frequentata dal periodo del bronzo. Sono state trovate tracce della civiltà del bronzo (1900-1500 a.C.). L'abitato apparteneva alla cultura dei castellieri trentini; l'intera zona era costituita da altre alture, che davano vita ad altri castellieri: quella del Santuario, del Castello e del Doss Mota. A causa dell'aumento della popolazione, l'abitato venne ampliato ai piedi del Monte Albano. Lungo la Valle dell'Adige sorgono i "Pipel", rocce di forma conica, alle quali venivano attribuiti un'anima possente e divina. Accanto a queste pietre sacre sorgevano i villaggi come a Corno presso il Pipel di Tierno e l'abitato di Monte Albano, presso il Pipel di Mori Vecchio.